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Alfie Evans. Nel nome del miglior interesse.

Alfie Evans. Nel nome del miglior interesse.

Il miglior interesse di Alfie Evans

Alfie Evans è morto, ne hanno dato notizia i genitori sui social network. Neppure la sua morte è riuscita a fermare le polemiche e il tifo da stadio che la sua triste vicenda, il contrasto tra la volontà dei medici e dei genitori e la disputa giudiziaria che ne è seguita, hanno alimentato.

Chi era Alfie Evans

Alfie Evans era un bambino di 23 mesi con una malattia neurologica degenerativa incurabile che ha determinato la distruzione di gran parte della sua materia cerebrale. L’irreversibilità della sua condizione, e la totale mancanza di prospettive future e di vita cosciente, hanno portato i medici dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool a individuare nel distacco delle macchine che ne prolungavano inutilmente l’esistenza il suo miglior interesse. I genitori non erano, invece, dello stesso avviso e desideravano che Alfie vivesse il più possibile nonostante la sua condizione.
Uno scontro di volontà irrisolvibile che si è trasformato in un’accesa battaglia giudiziaria che ha portato al distacco del respiratore. Una sentenza contro la quale i genitori hanno combattuto sino all’ultimo ma che, nonostante i numerosi appelli, è stata confermata in via definitiva sia dall’Alta corte di giustizia inglese che dalla Corte europea dei diritti umani.

 Il clamore mediatico

Alfie, la cui tragica vicenda umana ricorda quella di Charlie Gard, è diventato l’inconsapevole protagonista di polemiche che hanno valicato i confini nazionali  cavalcando l’onda dell’emotività e del fanatismo. Opinionisti, esponenti religiosi, politici, medici, giornalisti, hanno contribuito ad accrescere la rilevanza mediatica del caso e, contemporaneamente, ad aumentare il livello di disinformazione sullo stesso. I toni utilizzati, spesso destinati alla “pancia della gente”, hanno precluso una corretta interpretazione dei fatti e, il più delle volte, una riflessione lucida sulle questioni morali in gioco.

L’intervento del Vaticano e del Governo Italiano

Il Vaticano e il Governo Italiano sono entrati a gamba tesa sulla delicata questione, ponendosi in contrasto con la decisione dei medici e dei giudici britannici. L’uno offrendo agli Evans la possibilità di accogliere il figlio all’ospedale “Bambin Gesù”, l’altro riconoscendo ad Alfie la cittadinanza italiana in tempo record. La posizione di Chiesa e Stato Italiano ha contribuito ad inferocire la polemica e svuotarla progressivamente di qualsiasi contenuto razionale. Tra complottismi antivaccinisti, che hanno hanno collegato la malattia di Alfie alle vaccinazioni, fanatismo religioso e paragoni inaccettabili tra i medici britannici e i nazisti, una vicenda che avrebbe dovuto essere affrontata con rispetto e lucidità è diventata l’ennesima occasione per alimentare vuota retorica e inutili protagonismi.

La questione morale

Ma quali sono i problemi morali che casi come quello di Alfie Evans (e di Charlie Gard) sollevano?Quali le riflessioni per un caso che ha scosso così tanto l’opinione pubblica?Cominciamo col dire che l’intreccio e l’evoluzione della vicenda, ivi compreso l’intervento del Vaticano e del Governo Italiano, hanno complicato l’orizzonte morale in cui la vicenda si è svolta. Proveremo dunque a dipanare l’ingarbugliata matassa delle polemiche, cercando di individuare e distinguere le diverse questioni bioetiche sollevate.

Non sAlfie Evansempre il miglior interesse del minore coincide con quello dei suoi genitori

Uno dei primi aspetti da affrontare riguarda sicuramente il concetto di “miglior interesse”. Qual è il migliore interesse di un bambino? E chi lo decide? La maggior parte delle persone che si sono scagliate contro i medici hanno interpretato la loro posizione come un’imperdonabile lesione del diritto dei genitori di decidere per conto del figlio. In una visione quasi “proprietaria” della potestà genitoriale, i genitori vengono considerati le uniche persone deputate a stabilire quale sia il miglior interesse di un bambino. I figli, secondo tale concezione, vengono visti come una proprietà i cui interessi coincidono, inevitabilmente, con quelli di chi li ha generati. Ma gli uni e gli altri non sono affatto coincidenti, soprattutto nell’ambito medico-sanitario. Quando gli adulti decidono per conto dei figli minori, il miglior interesse di questi ultimi non può prescindere dal fatto che tali scelte incideranno in maniera esclusiva sul loro corpo e sulla qualità della loro vita. La natura individuale delle conseguenze fisiche determinate dalle scelte mediche, evidenzia in maniera inequivocabile la natura altrettanto individuale e personale dei diritti e degli interessi in gioco. Il miglior interesse di Alfie Evans, dunque, era ben distinto da quello dei suoi genitori.

La potestà genitoriale non è un potere assoluto

I genitori attraverso la potestà genitoriale esercitano il diritto/dovere (morale e legale) di decidere in vece dei propri figli. Questa loro facoltà non si configura come un potere assoluto sulla loro vita, ma come la facoltà di compiere delle scelte atte a tutelarne il benessere psico-fisico. Non sempre i genitori sono le persone più adatte a prendere decisioni in merito alla salute e al corpo dei propri figli, soprattutto quando antepongono le proprie necessità alle loro o confondono le une con le altre. Se dal punto di vista morale il potere decisionale di ciascuno trova un limite invalicabile nel danno a terzi, da un punto di vista legale le istituzioni intervengono e si sostituiscono ai genitori nel momento in cui questi dimostrano di non essere in grado di tutelare e rispettare il benessere dei figli. Ben noti alle cronache sono i casi in cui la potestà genitoriale viene sospesa per motivi gravi e danni conclamati arrecati ai figli.

L’alta corte britannica è intervenuta proprio per tutelare il bambino ed evitare che venissero ancora inutilmente protratte sofferenze che nessuno, in nome di un presunto diritto, può infliggere ad un altro essere umano.

Il miglior interesse di un bambino non risiede nel rispetto indiscriminato delle volontà dei suoi genitori, ma nella tutela effettiva del suo benessere, della sua dignità e della sua salute. È umanamente comprensibile l’attaccamento dei giovani Evans al loro figlio, ed è altrettanto comprensibile (ma non giustificabile) il loro desiderio di protrarre quanto più possibile la sua sopravvivenza pur di sentirne la vicinanza fisica. Ma il prolungamento a tutti i costi dell’esistenza del bambino, e della sua sofferenza, ben lungi dal rappresentare il suo migliore interesse, avrebbe rappresentato esclusivamente il mero soddisfacimento del desiderio dei genitori. La sentenza ha legittimamente ribadito il peso prioritario degli interessi individuali del bambino e delle sue condizioni di salute sui desideri dei suoi stessi genitori. Senza mettere in discussione l’amore di questi sfortunati genitori, esso non rappresenta un valido criterio di riferimento per decidere se una scelta genitoriale sia opportuna oppure no. Le ostinate rivendicazioni degli Evans, e le loro motivazioni, hanno oscurato la centralità degli interessi del bambino, relegandolo al ruolo secondario di “corpo” conteso tra volontà opposte.

La posizione morale del Vaticano 

La decisione del Vaticano di garantire presso la propria struttura ospedaliera la prosecuzione dei trattamenti di sostegno vitale, può essere inquadrata all’interno di una posizione vitalista in cui la conservazione della mera esistenza biologica diventa prioritaria e prende il sopravvento su qualsiasi valutazione di merito sulla vicenda. Sebbene il vitalismo sia un principio caro alla Chiesa Cattolica, la sua dichiarata posizione critica nei confronti dell’accanimento terapeutico e delle cure cosiddette futili, oltre a rappresentare un’insanabile incoerenza interna, rende difficilmente giustificabile l’offerta proposta agli Evans. Non si trattava di accanimento terapeutico?

Come inquadrare, invece, la posizione del Governo Italiano?

Due gli aspetti particolarmente gravi riscontrabili nella condotta del governo. Da una parte la delegittimazione delle valutazioni dei medici, dall’altra la delegittimazione dei giudici, e conseguentemente delle norme, dello Stato britannico. Mettere in discussione il parere di medici specializzati e contrastare una sentenza della corte britannica, confermata da quella europea, è inammissibile. Senza contare che la concessione della cittadinanza Italiana a tempi di record, stride aspramente con le riserve sulla concessione di quest’ultima a persone la cui prospettiva di vita è decisamente superiore a quella del figlio degli Evans. Basta pensare alle aspre polemiche sullo Ius Soli per rendersi conto di questa contraddizione. Perché questa differenza di trattamento? L’unica spiegazione plausibile a questa schizofrenia è la sudditanza dei ministri italiani alla visione morale della chiesa cattolica. Una prospettiva abbastanza desolante per un Paese che, almeno sulla carta, si definisce laico.

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